Dal Corriere della Sera del 21 luglio 2004
Daverio:
il restauro è senza logica, la città sta perdendo la sua identità
«Presente e futuro della stazione testimoniano il crollo delle
capacità di governo di questa città». Philippe Daverio, gallerista ed ex assessore
comunale alla cultura, esprime un giudizio severo sia sulla gestione
quotidiana, sia sul progetto per la riqualificazione della Centrale.
Partiamo dal presente.
«In città esistono delle spinte aggregative che non trovano alcuno
sbocco. La presenza degli immigrati, voluta o no, esiste, e se non ci sono
spazi dove radunarsi, le persone si ritrovano dove possono. L' amministrazione
non è in grado di governare queste tendenze, non ha attenzione».
E il futuro?
«Esteticamente il rifacimento della stazione è un crimine. Rientra
nella patologia italiana secondo la quale il patrimonio degli ultimi 70 anni
può essere distribuito a chiunque sia in grado di trarne profitto
trasformandolo in centro commerciale. Mi oppongo a questa logica».
Solo prospettive nefaste per la stazione?
«Rientra tutto nell' incapacità di dare un indirizzo a questa
metropoli. Siamo al punto in cui la progettualità è sottomessa al profitto.
Mentre nei 2.500 anni precedenti gli spazi pubblici sono stati pensati con
altri criteri, anche in base a funzioni aggregative».
Cosa dovrebbe guidare i progetti?
«Prendiamo l' esempio di Berlino: la nuova città è stata
pianificata anche come affermazione di un' identità. Logica del monumento
contro strategia del retrobottega».
La stazione è ancora una porta per la città?
«La monumentalità rispecchia l' epos dell' arrivo. È un tema sul
quale Milano è chiamata a rispondere. La stazione è l' immagine di tutti noi,
dei contribuenti. Dovrebbe rappresentare una città orgogliosa, che crede in se
stessa, ma l' effetto è assai diverso».