Intervento del Prof. Aldo De Poli all’incontro sulla Stazione Centrale presso l’Ordine degli Architetti
5 maggio 2003
Mi considero un esperto di stazioni perché da alcuni anni curo delle ricerche universitarie sulla stazione in Europa, che poi hanno portato a questo libro e questo libro ha colto l’occasione di incontrare l’arch. Tamino per la prima volta attraverso corrispondenze perché pubblicava la stazione di Roma, la stazione Termini, e ci fu una anticipazione nella parte Nuovi Scenari anche della stazione di Milano. Il libro è del novembre del 2000.
Rispetto alle iniziative che si stanno facendo in questo momento a Milano il tema della stazione delle città europee si presenta in maniera molto diversa: o si tratta di nuovi impianti all’esterno della città, in nodi di interscambio tra i trasporti dovuti per esempio alle linee dell’alta velocità, questo sono molte stazioni dell’Olanda e della Francia, o si tratta di intervenire su stazioni già esistenti e quindi di almeno un secolo di storia e molto radicate nella vita civica e luoghi che sono diventati, assieme a piazze, musei, luoghi della cultura, luoghi del mercato,luoghi del tempo libero, un po’ i simboli della città. Parlo delle stazioni di Parigi, parlo delle stazioni di Madrid, le stazioni di Atoce nel progetto di Rafael Moneo.
Quando il progetto diventa di così vasta dimensione da risultare invasivo e di ledere un’identità di un luogo molto radicata si sposta il tema nel progetto della piazza della stazione oppure nel progetto di una stazione affiancata all’esistente. Questo vale per Londra e vale, ripeto, per Madrid.
La stazione quasi della stessa epoca della fine del diciannovesimo secolo di Atoce è diventata un giardino botanico al coperto e invece la stazione di Rafael Moneo è a poche centinaia di metri nello scalo ferroviario.
La linea di comportamento diversa nel caso della stazione di Milano è che, in una stazione di grandissima dimensione, l’area che occupa la parte coperta è di 316.000 mq, ci si sofferma, in un certo senso, solo su un 20%, che sono le poche sale di altissima qualità anche nel loro gusto eclettico, che sono l’atrio della biglietteria, la galleria delle carrozze, la galleria degli arrivi che era una piazza sospesa sulla città perché non c’era l’ufficio informazioni e il bar, c’erano delle finestre che si aprivano sulle due piazze laterali, per cui il bello di questa galleria sospesa, e c’è qualcosa di simile a New York e a Francoforte, era di poter aprirsi su tre piazze, dimenticando appunto tutte le altre possibilità che ha il progetto architettonico, soprattutto di lavorare negli spazi urbani che la circondano.
Quasi sempre i progetti di trasformazione commerciale riguardano a più livelli pe piazze che stanno attorno e sempre meno gli edifici di alta qualità storica, come può essere la Stazione Centrale.
Allora ho applicato alcune osservazioni d’architetto, ho analizzato il progetto per quanto era noto, diciamo che la procedura non è tra le più facili perché è stato molto poco mostrato, solo in Conferenze di Servizi, non è passato in nessun consiglio comunale, non è passato in nessuna commissione edilizia, è stato deciso dal Ministero delle Infrastrutture in una riunione con interlocutori scritti, quindi non è senz’altro la procedura più aperta e più cercata per avere un consenso sul progetto. E noi sappiamo che le città sono fatte di piazze, di cortili, di androni, di opere d’arte di varia qualità, e la Stazione Centrale questa qualità delle piazze, degli androni, delle opere d’arte ce l’ha.
Nei sensi dei nostri nuovi tempi aumenta questa qualità se il progetto è all’altezza di una sfida che la città di Milano prova in altri luoghi, dalla Scala alle espansioni di periferia, se è possibile anche con questa operazione non perdere, diciamo per usare un termine molto d’oggi, c’è un rischio che un luogo ricco d’identità, di cultura, di storia, anche di disordine, ma il disordine è un discorso molto pericoloso perché in nome del disordine, del degrado, dei senzatetto, si può anche operare delle distruzioni di interi quartieri in nome di un piccone risanatore, quindi non userei questo argomento.
E’ possibile trasformare malamente, bene, a metà, un luogo di qualità in un non luogo, come gli aeroporti, come certi scantinati commerciali di altre grandi metropoli, penso alle Halles a Parigi ?
Il rischio c’è.
Allora, invece di esaminare l’intero progetto, ripeto, la Stazione non è in questo momento sottoposta a un intero progetto, gran parte degli spazi non sono stati progettati, i livelli attuali sono due, la strada, il piano della ruota, e il piano del ferro. I livelli diventano cinque, uno di questi livelli è il sotterraneo di cui poco si è visto e questo vuol dire che si vedrà in altre fasi, per ora si comincia con le piccole cose, ci si radica in tre o quattro grandi ambienti, e perché ? Perché passano cento milioni di passeggeri all’anno. Quindi lo scopo non è aumentare la cultura della città, non è aumentare la qualità architettonica di monumenti vecchi e nuovi, ma è di catturare, sedurre, dare risposte a cento milioni di visitatori e di passeggeri, che è un dato che fa pensare.
L’architetto nostro coordinatore Musco diceva, parliamo di oggetti, parliamo di valori, qui sono in gioco i valori. Un filosofo americano disse recentemente, anno sessanta il gruppo, anni ottanta l’individuo, gli anni duemila-dumiladieci o Dio, gli integralismi, o il dollaro.
Io penso come europeo che possiamo avere di più, il filosofo tedesco vivente Erzenberger ha detto: il lusso del futuro è lo spazio e il silenzio.
Abbiamo una stazione molto vasta, che ha ancora degli spazi silenziosi e anche spaziosi, e rischiamo di perdere questo lusso pubblico per un altro mito, quello dei cento milioni di passeggeri.
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Vediamo allora alcuni punti critici riassunti in tre: le manomissioni di un edificio vincolato, parole molto pensate, il vincolo esiste, disagi per l’utenza e l’inedita procedura seguita senza informazioni alla città e senza autorizzazioni comunali e della Sovrintendenza, molto indirette diciamo, grazie alla Legge Obiettivo.
La legge obiettivo si applica solo a opere pubbliche, pagate dallo Stato, questa per lo più, articolo del Sole 24 Ore di tre settimane fa, è un’opera privata, i capitali investiti sono privati.
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Il primo punto è Pedonalizzazione della Galleria delle Carrozze e le rampe mobili di accesso, la bussola di cui oggi non si è parlato, i soppalchi, i buchi, i buchi sono forse la cosa più grave, l’arch. Tamino ha detto: dobbiamo evitare un innesto molto pesante in una struttura monumentale, bene, questi buchi di fronte alla galleria degli arrivi sono un innesto molto pesante in una struttura monumentale, e i soppalchi che sono numerosi essendo i livelli di progetto cinque.
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Un’immagine che aveva in mente Stacchini quando ideava questo spazio e la grandeure delle terme, che non era solo uno spazio, un volume, ma era anche un programma decorativo, era anche una cultura.
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Ecco come Ulisse Stacchini aveva concepito, io non sono per la nostalgia, credo che bisogna intervenire nei luoghi, il mio problema è solo se si sono fatti tutti i passi per garantire la massima qualità.
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Le rampe mobili sono una parte del problema, cioè la presenza di queste uscite che potrebbero essere altrove, perché esiste un piano libero, dimostrano che la loro funzione è quella di allontanare la circolazione e c’è in questo momento una specie di pausa di decisione, la decisione verrà successivamente a questo progetto e allora tra cinque sei anni a lavori finiti sapremo il vero destino della Galleria delle Carrozze, per osa sappiamo che esistono dei vincoli.
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Questo è il percorso di buon senso per sfruttare la situazione di non uso produttivo di aree edificate ma senza una funzione che sono sotto la galleria degli arrivi, una ipotesi di collegare lo spazio del pubblico, il fatto che non sia riportato nei progetti ma si parli di stralci, di un primo inizio, mi fa pensare che in realtà ci siano dei progetto ulteriori ma non siano stati in questo momento mostrati.
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Questa è la situazione attuale, è prevista in questo punto una bussola, una vetrina, un paramento luminoso, pubblicitario probabilmente, che va da questo punto a questo.
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Riportata nel progetto dell’agosto del 2002, che ha lo scopo di scoraggiare l’entrata, le entrate devono diventare le laterali, e vengono considerate servizi secondari al viaggiatore, in nessun punto del progetto si parla di commercio, la formula adottata è servizi primari le biglietterie, servizi secondari i negozi. Quindi diciamo un punto di informazione, non è molto chiaro, però molto molto evidente. Queste sono le scale mobili, questo è lo spessore, pensiamo a questo schema, e poi l’arch. Tamino ci dirà qualcosa.
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Con il nuovo modo di entrare, non vi sarà più questa scala che verrà scoraggiata, ma ci saranno delle possibilità di passaggio in queste due entrate che si verranno a creare togliendo le due scale mobili.
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La galleria come era nel 1931
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La galleria come è nel fotomontaggio mostrato
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Io con altri architetti abbiamo lavorato sulle piante che abbiamo a disposizione attraverso il Consiglio di Zona, abbiamo verificato che non sono state riportate le misure giuste per poter dimostrare che l’intervento non è invasivo, che la baraccopoli è dannosa non sono state riportate le vere dimensioni, pensiamo che ci vorrà una balaustra molto più robusta per ragioni di sicurezza e avremo il vero ingombro che occuperà questo buco, sono de naturalmente.
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Questo verrà trasferito, perduto, perché siamo al centro del buco, il mosaico dell’epoca che sembra un documento di storia
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I soppalchi riappaiono in vari punti, questo verso i binari sopra i bar attuali, appaiono nell’ex deposito bagagli, nell’ex sala d’attesa di terza classe, oggi tuttora sala d’attesa, nella sala con il negozio Telecom, l’ufficio del turismo e la vendita delle pietre e anche in questo locale completamente dimenticato che era un ristorante chiuso ormai da alcuni anni.
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La presenza di soppalchi, a parte che richiedono delle scale ulteriori per raggiungere la nuova quota, portano un rischio agli affreschi
La situazione del progetto, il piano di entrata alla quota della metropolitana, l’uscita nella galleria delle carrozze oggi taxi, la presenza, abbiamo sentito la misura 7 metri e 40, due piani, vuole dire 3 metri e cinquanta, una misura di non alta qualità spaziale, inferiore alla stanza in cui siamo, e quindi avremo quattro piani con un’altezza inferiore a questa stanza, per dare vita all’uso di uno spazio dimenticato che tuttora esiste.
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Questa è la situazione di come si presenterà il progetto verso l’arrivo dei treni, naturalmente sono cinque le volte e quindi il progetto non occupa l’intera sezione ma solo le volte laterali.
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L’ingresso di una delle sale, abbiamo detto sala di prima classe, seconda classe, deposito bagagli, di questo nel progetto viene prevista la totale demolizione perché serve per poter passare ad uno di questi soppalchi
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La sala ristorante di terza classe nel progetto originario, oggi deposito bagagli, com’è, tutto sommato abbastanza conservata
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Qui si verifica un inserimento del nuovo solaio a quota 3 metri, più circa un metro di spessore, e questo per me non è alta qualità, non per la restituzione, pensate che è alto 15, quindi vuol dire 3 qui con le vetrine delle nuove attività commerciali e 11 sopra. Io mi sono chiesto con che materiali verranno costruiti, con gli stessi marmi veri o finti dello Stacchini ? E la risposta mi è venuta da un articolo sull’Espresso, una specie di auto-intervista che l’architetto Tamino ha rilasciato nel novembre, dove dice che per ragioni di economia aziendale, cioè di corporate identità o design, tutti i materiali saranno comuni a tutte le stazioni che Grandi Stazioni progetterà, per cui questi soppalchi esistono, esiste un’unica ditta che è stata scelta che le farà per tutte le 13 stazioni d’Italia. Quindi ecco come il luogo, il museo della partenza e dell’arrivo può diventare rapidissimamente un non luogo, una specie di aeroporto, o come ha definito Francesco Dal Co di Casabella del numero di marzo un luogo spazzatura, junk.
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La sala di attesa con le grandi decorazioni delle città d’Italia, ispirazione che viene dalle stazioni francesi, per esempio la Gare de Lyon.
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Con il nuovo soppalco, una restituzione, non ho i mezzi né il materiale per poter fare l’inserimento al vero, diciamo solo una quota dimensionale di riferimento
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Questo sarà il taglio che occuperà a un metro dall’affresco, Padova, Assisi, Pisa, in questo caso addirittura addosso all’affresco ci saranno le scale, le scale per raggiungere il soppalco commerciale.
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Nell’altro lato della stessa stanza, Marcello Nizzoli, l’architetto futurista, poi pittore, poi designer di macchine da scrivere, quindi un autore da riscoprire, che a noi interessa molto.
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La sala d’attesa di prima e seconda classe: alcuni di questi mobili sono in questo momento a Miami, altri a Genova, molti sono ancora qui e qualcosa è disperso anche in altre stazioni di Milano.
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Gli affreschi un po’ dimenticati che completavano il ciclo celebrativo di Lavagnini, che rendeva la stazione qualcosa di più che un luogo di partenza, un monumento della cultura milanese.
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Dimentichiamo quei bar che sono di fronte alla galleria dei treni, quella fontana un po’ strana oggi diventata un ufficio turistico, quei mosaici che sono stati spostati qui da un altro luogo, pensiamo alla situazione d’origine, questo è un dato di conoscenza scientifica del monumento
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Ecco questa sarà la dimensione del soppalco che si affaccerà verso i binari, che è quello che resta di un progetto anche più consistente, che prevedeva un raddoppio anche dall’altro lato degli archi.
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Questo è un luogo che si conserva di un punto di controllo circa al binario 1, questa è la soluzione proposta nel progetto, quindi un po’ scarsa dal punto di vista della qualità. Non solo le grandi cose ma poi saranno anche le piccole che mostreranno se c’è stato questo interesse.
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Disagi per l’utenza, 120 milioni, mi ero sbagliato, l’allontanamento dei posteggi, il raddoppio delle lunghezze dei percorsi, la riduzione di posti di biglietteria, questo nuovo modo di vendere i biglietti come in un salotto, contando i luoghi come nelle banche, sono diminuite rispetto all’offerta degli sportelli di oggi, l’utilizzo della galleria delle carrozze, il raddoppio degli spazi commerciali denominati servizi secondari ai viaggiatori e addirittura la riduzione delle sale d’attesa.
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Abbiamo già parlato di taxi nella prima introduzione, io trovo che queste pensiline, probabilmente subite e non volute dai progettisti anche per spinte delle autorità comunali, non siano di alta qualità, soprattutto questa che viene ad appoggiarsi alla facciata ovest dell’edificio. Questo è però solo l’inizio di un nuovo modo di concepire gli attraversamenti che può essere immediatamente riportato con qualche schema.
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L’attuale percorso che si fa oggi dalla metropolitana all’esterno per arrivare poi al binario, il calcolo è di 178 metri.
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Il nuovo percorso, sempre dallo stesso punto o passando di sopra o passando di sotto, entrata attraverso il nuovo varco, le scale mobili o tapis roulant o rampe mobili non sono messi in sequenza perché bisogna girare nel mercato, non solo sfuggire, per cui i metri diventano 332, quindi potrebbe essere anche un fattore di disagio
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Invece l’attuale rapporto taxi- binari
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Invece i taxi staranno alla fine dei sessanta metri della pensilina e quindi 207 metri per raggiungere lo stesso binario
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L’attuale percorso binari-taxi all’incontrario, ci sono anche qui delle differenze, attraverso le scale mobili oggi si scende rapidissimamente.
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Il percorso di uscita diventa di 280 metri. Ci sono due punti di arrivo di carico e scarico dei taxi differenziati.
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L’immagine dimostra, dato che la scienza può fare qualcosa, sono stati ricontati tutti i percorsi, quello dichiarato dal progetto, il calcolo, la differenza. La differenza in percentuale diventa del 123% per il percorso dalla metropolitana, del 82% dai taxi , e dal lato della Piazza Luigi di Savoia del 90 %. Nel calcolo dei progettisti si pensa che chi è nel tapis roulant si deve muovere, quindi i tempi sono gli stessi, è il percorso che si è allungato.
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Questo è il calcolo molto raffinato.
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Gli spazi commerciali, chiamati servizi secondari, si raddoppiano e già si parla di vendita di vestiti, agenzie di viaggio, articoli sportivi, sportelli bancari. Il dato che a noi interessa , si passa da 13.000 mq che comprendono anche il diurno, il cinema e i ristorante chiusi da anni a 26.000 mq, quindi un aumento del 89%.
E’ evidente che il finanziamento dell’operazione in project financing per 100 milioni di euro, due anni fa erano 80, ora sono 100, è ottenuto dall’affitto degli spazi commerciali. Il piano sotterraneo non viene utilizzato come si potrebbe e queste sono le quote del piano del soppalco e del secondo soppalco.
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Gli spazi commerciali, chiamiamoli con il gergo servizi al viaggiatore di seconda utilità, aumentano dell’80% al piano interrato, del 297% al piano terra, del 268% all’ammezzato, del 68% al binari, e quindi aumentano in media dell’89%, con circa un raddoppio.
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A me è piaciuto questo articolo della rivista Casabella del numero di aprile, di Marco Biraghi intitolato Supermarket Stazione Centrale. Riassumo un po’ il mio pensiero anche con i miei dubbi, è evidente che il progetto Stacchini viene manomesso, le parti di pregio vengono se non altro banalizzate, la funzionalità della stazione con i suoi 120 milioni di passeggeri non viene migliorata perché aumentano i percorsi, diminuiscono i servizi. Quanti dei 120 milioni di euro stanziati sono utilizzati per un effettivo restauro ed estensione degli spazi destinati al conforto del pubblico ?
Questi sono dati dove si può rispondere.
Quale altre alterazioni subiranno gli ambienti interni in fase di progetto esecutivo ?
Perché qui siamo ad una fase del progetto, però molto ancora deve arrivare. Il metodo seguito attraverso la mancanza di informazione e il ricorso alla legge Obiettivo per evitare licenze edilizie e autorizzazioni della Sovrintendenza è proprio la strada migliore per ottenere un progetto di qualità ?
E’ giustificato il nome Supermarket Stazione Centrale recentemente attribuito al progetto da una importante rivista di architettura ?
E con questo ho portato delle nuove prove e quindi il dibattito può accendersi.