STAZIONE CENTRALE
La Stazione Centrale di Milano sarà soggetta ad un massiccio intervento di rinnovo e di trasformazione. L’iniziativa è finanziata in parte dalle Ferrovie dello Stato (danaro pubblico) e in parte da grossi imprenditori (danaro privato). Il progetto di rinnovo rientra nell’ambito di un generale programma edilizio che le Ferrovie dello Stato intendono avviare iniziando dalle principali stazioni della rete nazionale.
Prima di fare un commento al progetto è opportuno esporre alcune osservazioni critiche alla procedura adottata nell’assegnazione dell’incarico ed ai criteri da cui è partita l’iniziativa.
- La prima critica riguarda le modalità di assegnazione del progetto, avvenuta mediante incarico diretto e non mediante concorso. L’opera è pagata con danaro pubblico, quindi per legge deve essere eseguita a seguito di un concorso. La parziale compartecipazione di finanziatori privati, che non raggiunge la metà dello stanziamento totale, non modifica la natura eminentemente pubblica della costruzione e quindi non esenta dalla procedura del concorso sia per la stesura del progetto sia per l’appalto della costruzione.
- La seconda critica denuncia la scarsa utilità dell’operazione di fronte ad urgenze ben maggiori che competono alle Ferrovie dello Stato. Ci si domanda perché, prima di ristrutturare le stazioni, non si sia rinnovato il materiale rotabile (vagoni merci, carrozze passeggeri, locomotive); non si sia potenziata la rete ferroviaria (binari, scambi, linee elettriche, tracciati per l’alta velocità); non si siano migliorate le condizioni di viaggio (puntualità, rispetto delle coincidenze, prevenzione dei guasti). Per ciascuna di queste carenze le colpe imputabili alle Ferrovie sono enormi, indegne di un paese appartenente all’Europa Unita.
- La terza critica si indirizza alla destinazione attribuita all’edificio della stazione, destinazione che viene snaturata e distorta. La stazione deve anzitutto servire a chi viaggia, non a chi fa compere o a chi si vuole svagare. La stazione è un punto focale della rete di trasporto; non è un emporio di merci, un luogo di acquisti, un centro di incontri e di scambi sociali. Dimenticare la priorità che deve avere il servizio di trasporto e privilegiare servizi di altro tipo, commerciali o ricreativi, significa travisare lo scopo dell’intervento e dirottarlo verso obiettivi non pertinenti, superflui, e in definitiva nocivi al buon funzionamento del servizio viaggiatori..
- La quarta critica è rivolta alla posizione ambigua che è stata assunta nei confronti dell’edificio esistente: da un lato se ne raccomanda la generale conservazione, dall’altro si permettono trasformazioni radicali; da un lato si escludono demolizioni e rifacimenti, dall’altro si prospettano modifiche sostanziali sia dell’impianto distributivo e sia dei volumi interni. Così facendo si perde l’edificio storico e originario ma non si ottiene un edificio nuovo e funzionale.
Agli interventi più minacciosi ha cercato di porre un argine la Sovrintendenza ai Monumenti, ma l’autorità di quest’ultima è messa in forse dallo schiacciante peso degli interessi in gioco.
- La quinta critica riguarda il silenzio da cui tutta l’operazione viene avvolta. Nessuna informazione data dalla stampa, nessuna notizia divulgata al pubblico, nessun commento o dibattito aperto a tutti i cittadini. Un intervento di dimensioni inusuali e di tanta rilevanza urbana viene condotto alla chetichella, di nascosto, all’oscuro di tutti. Come se fosse (e forse lo è) un’azione di cui vergognarsi.
Passando ora al commento del progetto si rilevano i seguenti difetti:
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Il primo difetto si può definire di grossolana
insensibilità di fronte al carattere eccezionale degli spazi e dei volumi che
contraddistinguono l’edificio; il progetto non si propone né di rispettarli né
tanto meno di valorizzarli. La stazione centrale è un edificio nato brutto che
sta diventando bello; condannato al momento della nascita, oggi viene assolto
perché considerato interessante; giudicato inizialmente un esempio di
magniloquenza, di retorica, di assurdità funzionale, attualmente gli si
riconosce una imponenza urbanistica ed una presenza architettonica che non sono
né insignificanti né banali. Dal momento che, per rispetto della tradizione e
per amore della storia, si è deciso di non demolirlo e si è convinti di doverlo
conservare, lo si conservi con coraggio e con intelligenza; se ne rispettino
gli spazi originali; se ne valorizzi l’impianto distributivo, se ne accentui il
carattere maestoso e imponente; se ne lascino intatti i grandi ambienti fuori
scala; e non si abbia paura di mantenerli vuoti, nudi, giganteschi, così come
sono stati concepiti a suo tempo dal progettista. Ahimè, il progetto di rinnovo
non rispetta la stazione nella sua straordinaria, benché obsoleta, grandiosità;
non ne valorizza il maestoso aspetto interno; al contrario riempie gli enormi
ambienti con un insieme di costruzioni aggiunte, posticce, incongrue; fraziona
e frantuma i vasti spazi con una disorganica accozzaglia di pensiline,
soppalchi, ponti aerei, balconate, vetrate, passerelle, vetrine; distrugge i
volumi interni con una gratuita accozzaglia di elementi “moderni”, tecnologici,
meccanici, che nulla hanno a che fare con il linguaggio solido e pomposo della
vecchia stazione. L’aggiunta delle nuove superfici, del tutto inutili al buon
funzionamento della stazione, ha il solo scopo di aumentare gli spazi
commerciali, di offrire cioè ampie zone in cui aprire negozi e spacci di
vendita. E ciò non sarebbe necessariamente un male, se gli spazi aggiunti non
pregiudicassero l’uso razionale della stazione. In realtà, poiché la nuova
biglietteria sarà collocata sul fondo dell’edificio e nel lato più lontano
dalla entrata principale, i percorsi che devono compiere i viaggiatori si
allungano sensibilmente. Le nuove superfici di vendita verranno distribuite lungo
il tragitto diretto alla biglietteria e ai treni; e tale tragitto,
artificialmente allungato, obbligherà i viaggiatori a transitare davanti alle
vetrine, così come nelle stazioni autostradali di ristoro il tragitto che porta
alla cassa viene astutamente allungato per costringere i consumatori a
transitare davanti ai banchi di esposizione delle merci. Poiché il percorso,
reso più lungo del necessario, aumenta i tempi di spostamento, la stazione
perde la sua funzionalità primaria e si trasforma in un centro per fare
acquisti.
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Il secondo difetto del progetto riguarda la
scarsa comprensione dei pochi ma pregevoli aspetti funzionali che la stazione
presenta e che i viaggiatori apprezzano. Anzitutto la semplicità e la chiarezza
dell’impianto distributivo. La stazione è formata da tre grandi ambienti
paralleli e rettangolari, affiancati in successione lungo il loro lato
maggiore: galleria coperta (ma aperta) delle carrozze; sala chiusa dei
biglietti; galleria superiore dei treni. Un impianto distributivo che, fatta
qualche piccola miglioria, funziona ancora oggi benissimo. Perché stravolgerlo?
Perché rivoluzionarlo radicalmente e sostituirlo con un impianto molto meno
funzionale? La galleria delle carrozze è simile ad una grande piazza, una vasta
area riparata dalle intemperie, sotto la cui protezione avviene
confortevolmente il movimento di salita e di discesa ai o dai veicoli; e si
svolge in modo scorrevole l’arrivo e la partenza delle automobili pubbliche e
private. Perché non mantenere alla galleria delle carrozze la destinazione del
progetto originale? Perché sostituirla, come propone il progetto, con nuove
aree di posteggio per taxi poste all’esterno della stazione e invadere le due
piazze laterali che fiancheggiano l’edificio? Perché occupare altra superficie
stradale, e sottrarre alla città ulteriori sedi viarie, installando nuove
pensiline, nuovi marciapiedi, nuove corsie automobilistiche quando la galleria
delle carrozze è ancora adatta a svolgere perfettamente il suo compito? Il
progetto di portare i taxi al di fuori dell’edificio e di incolonnarli nelle
due piazze laterali non solo è privo di logica funzionale, non solo stravolge
la razionale distribuzione originaria, ma deturpa anche il profilo esterno
dell’edificio e ne compromette la maestosa mole attaccandogli ai fianchi una
insignificante sfilata di effimere tettoie. E’ stato anche fatto notare da
alcuni profetici osservatori, che la galleria della carrozze, lasciata deserta
e priva di traffico, si trasformerà nelle ore notturne in uno sterminato dormitorio
pubblico.
Le stesse meravigliate
(e sdegnate) osservazioni, fatte per la galleria delle carrozze, si possono
ripetere per la sala dei biglietti. Perché spostarla? Perché arretrarla nel
sotterraneo retrostante? La sala dei biglietti, posta accortamente dal primo
progettista lungo il percorso che dalla galleria delle carrozze conduce alla
galleria dei treni, non ha nessun bisogno di essere spostata altrove. Nel nuovo
progetto (e ciò appare incredibile) si nota un assurdo peggioramento rispetto
alla razionale soluzione originaria: i percorsi di quanti si avvicinano alla
biglietteria per comperare il biglietto e di quanti salgono ai treni dopo aver
comperato il biglietto, sono percorsi che si intersecano e interferiscono tra
loro; all’interno dello spazio, non sufficientemente ampio, ricavato sotto la
galleria dei treni, i due flussi si incrociano e si disturbano, dando un
esempio davvero poco brillante della disattenzione con cui è stata studiata la
mobilità dei viaggiatori.
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Il terzo difetto del progetto si riscontra
nell’incomprensibile nuovo collegamento che si prevede di realizzare tra le due
piazze poste ai lati est ed ovest della stazione. Il costosissimo ed inutile
collegamento verrebbe ad occupare l’intero sotterraneo sottostante la galleria
dei treni. A che serve questo collegamento unicamente pedonale, quando esiste
già quello parallelo offerto dalla galleria delle carrozze? I viaggiatori in
arrivo o in partenza hanno una sola impellente urgenza: percorrere nel minor
tempo possibile la distanza che li separa dalla città ai treni e viceversa. Non
hanno bisogno di deambulare da una piazza all’altra, di spostarsi dal lato
sinistro al lato destro della stazione. Hanno bisogno al contrario di un
collegamento pedonale diretto e veloce fra le piazze laterali e la sala
biglietti. Oggi chi arriva dalle piazze laterali deve percorrere metà della
galleria delle carrozze prima di poter entrare nella sala dei biglietti;
percorso poco agevole perché tangente al passaggio dei veicoli, e percorso
tortuoso perché costretto ad aggirare le articolazioni planimetriche
dell’edificio. L’auspicato collegamento pedonale, oggi mancante, tra piazze
laterali e sala dei biglietti non sarebbe in futuro di difficile attuazione:
basterebbe rendere transitabili e aprire al passaggio del pubblico le aperture
esistenti sui fronti laterali della stazione, all’altezza degli ambienti minori
che fiancheggiano, su entrambi i lati, la grande sala dei biglietti.
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Il quarto difetto imputabile al progetto sta
nell’intero rifacimento degli impianti di sollevamento (scale mobili e
ascensori) reso necessario dal radicale sovvertimento dello schema distributivo
originario. Le scale mobili esistenti nella sala dei biglietti vengono
incomprensibilmente eliminate; le nuove scale mobili vengono installate nella
galleria dei treni, in seguito ad una serie di operazioni violente e
devastanti: demolizioni del solaio, distruzione del pavimento e del mosaico
ornamentale, riduzione degli spazi di transito e di sosta.
Nessuno nega che esista la necessità di realizzare
alcune migliorie all’interno della attuale stazione; ma sono poche, ben
delimitate e di costo modesto. Basterebbe metterle in atto e si avrebbe una
stazione efficiente e moderna:
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Anzitutto trasferire l’attuale collegamento con
la metropolitana, che adesso sbocca nella galleria alle carrozze, alla sala dei
biglietti, dove i viaggiatori verrebbero a trovarsi direttamente davanti agli
sportelli senza dover incrociare percorsi carrai né interferire con altri
percorsi pedonali;
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In secondo luogo potenziare di numero e di
velocità gli impianti di sollevamento tra sala dei biglietti e galleria dei
treni. Gli attuali ascensori sono insufficienti, lenti e mal collocati; le
scale mobili non sono adeguate ad un transito intenso; quelle centrali sono
assurdamente spezzate in due tronchi distinti, con ovvio disagio per chi è
carico di bagagli pesanti.
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In terzo luogo introdurre un nuovo collegamento
diretto tra metropolitana e galleria dei treni, scavalcando la sala dei
biglietti; questo collegamento, oggi inesistente, dovrebbe essere realizzato
con ascensori capaci e veloci, così da consentire a chi arriva dalla città con
la metropolitana, e già possiede il biglietto ferroviario, di raggiungere senza
indugio i treni, e nello stesso tempo consentire a chi arriva da fuori città
col treno, ed è diretto con urgenza al centro urbano, di salire subito sulla
metropolitana.
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In
quarto luogo tenere tutti i numerosi sportelli di vendita sempre aperti ed
accessibili al pubblico, invece di vederli troppo spesso sbarrati dal cartello
di chiusura, ed assistere a lunghe ed impazienti code, indegne di un servizio
ferroviario moderno.
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In quinto luogo controllare con maggiore
severità l’efficienza e la diligenza del personale di servizio: in particolare
addetti all’ufficio informazione; responsabili dei carrelli porta-bagagli;
corpo di polizia ferroviaria. Per tutte queste categorie maggiore disciplina,
maggiore premura, maggiore cortesia sarebbero indice di maggiore civiltà.
Questi pochi ma fondamentali interventi,
studiati con intelligenza e buon senso, sarebbero sufficienti a rendere la
Stazione di Milano adeguata alle esigenze di oggi senza deturparne l’immagine
ormai così peculiare nel panorama della città e soprattutto senza stravolgere
l’impianto distributivo che tuttora funziona in modo non perfetto ma
soddisfacente.
Arch. Jacopo Gardella