REPVBBLICA ITALIANA
IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO
sul ricorso n. 8232/2003 proposto dall’Associazione
nazionale dei costruttori edili – ANCE, con sede in Roma, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata
e difesa dal prof. Mario SANINO e dall’avv. Gianpaolo RUGGIERO ed elettivamente
domiciliata in Roma, al viale dei Parioli n. 180,
sul ricorso n. 572/2004
proposto dalla COSMOPOL s.r.l., corrente in Roma, in persona
del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dal prof. Salvatore Alberto ROMANO e dall’avv. Corrado
MORRONE ed elettivamente domiciliata in Roma, al corso Vittorio
Emanuele II n. 284;
la GRANDI STAZIONI s.p.a., corrente in Roma, in
persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Piero D’AMELIO e Marco ANNONI
ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Udine n. 6
della SIRAM s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, in
proprio e n.q. di capogruppo mandataria dell’ATI costituita con la TECHINT
s.p.a. e con la Impresa Pizzarotti & c. s.p.a., interventrice ad opponendum, rappresentata e difesa dall’avv. Luigi MEDUGNO ed
elettivamente domiciliata in Roma, via Panama n. 12,
Luigi MEDUGNO ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Panama n. 12
della
SECURITAS METRONOTTE s.r.l., corrente in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dall’avv. Antonio FEROLETO ed elettivamente
domiciliata in Roma, alla via G. Gesmundo n. 4,
PER L’ANNULLAMENTO
del bando pubblicato in G.U. il 16 giugno 2003, con
cui la Grandi Stazioni s.p.a. ha indetto la gara per l’affidamento ad un
contraente generale dell’attività di progettazione definitiva e/o esecutiva, di
direzione lavori e di realizzazione con ogni mezzo degli interventi
d'adeguamento generale degli edifici delle grandi stazioni ferroviarie italiane;
A) – della nota prot. n.
138AG/BF dell’11 novembre 2003, con cui la FIJLKAM ha comunicato l’esclusione,
da parte del seggio di gara, dell’offerta
della ricorrente, già prima in graduatoria in esito alla licitazione privata
per il servizio di vigilanza del Centro Olimpico FIJLKAM di Ostia, aggiudicando tale
appalto alla controinteressata; B) – d’ogni altro atto presupposto, connesso o
consequenziale e, in particolare, dei verbali di gara in data 15 ottobre e 5
novembre 2003;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle parti intimatee parti intimate;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore all’udienza camerale pubblica del 12 febbraio
2004 il Cons. dott. Silvestro Maria RUSSO e uditi altresì, per le parti, il prof. SANINO e gli avvocati ANNONI, D'AMELIO e MEDUGNO;
gli avv.ti MORRONE,
MEDUGNO e FEROLETO;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
L’Associazione nazionale
costruttori edili –
ANCE assume d’essere l’ente associativo di categoria degli imprenditori privati operanti
nel settore delle opere pubbliche e dell’edilizia.
Detta Associazione rende noto che Grandi Stazioni s.p.a. ha indetto una gara per l’affidamento a contraente generale, a licitazione privata e per una durata di trentasei mesi, delle attività di
progettazione definitiva e/o esecutiva, di direzione lavori e di realizzazione con qualsiasi mezzo degli interventi d’adeguamento degli edifici delle
grandi stazioni ferroviarie italiane, per un complessivo importo a base d'asta pari a € 557.016.000,00. L’affidamento dei lavori è effettuato in un unico lotto e comprende
anche i servizi di manutenzione e di conduzione degli edifici di tutte le stazioni coinvolte.
Avverso detto bando, l’ANCE si
grava, 1. – La COSMOPOL s.r.l.,
corrente in Roma, assume d’aver
partecipato alla licitazione privata, indetta dalla FILJKAM, per l’affidamento
del servizio di vigilanza del Centro olimpico
federale di Ostia-Lido, da aggiudicarsi con il metodo dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, giusta lettera
d’invito del 1° ottobre 2003.
Detta Società dichiara altresì che, in esito
alla gara, nella seduta del 15 ottobre 2003, essa s’è sì collocata al primo posto
della graduatoria, ma il rappresentante di un’altra delle imprese partecipanti, ha
reso noto, all’uopo formulando riserva, che la tariffa mensile per il servizio
di tele-radio allarme, dichiarato dalla Società stessa e pari a € 6,80 + IVA, è
da ritenersi non valida, essendo di
gran lunga inferiore a quella di
legalità, come stabilita dal decreto prefettizio n. 53/sett. IB/P.A. del 29
gennaio 2000 per gli istituti di vigilanza nella
provincia di Roma. Il seggio di gara, preso atto di tale riserva e constatato che detta
Società aveva ottenuto il punteggio più alto
in virtù anche della tariffa offerta, ha soprasseduto all’aggiudicazione
dell’appalto e, al contempo, ha chiesto chiarimenti sul punto all’Ufficio
territoriale del Governo di Roma.
Quest’ultimo, con nota prot. n. 2097 del 22 ottobre 2003, ha precisato che la
tariffa offerta dalla predetta Società,
approvata per il servizio di tele-radio allarme, pari a € 81,68, è da intendersi
mensile e non annuale. Pertanto, nella seduta del 5 novembre 2003,
il seggio di gara ha accertato l’irregolarità dell’offerta della predetta
società e, quindi, ha la esclusa dalla procedura, rilevando altresì che tale
offerta e invalida, essendo stato indicato
un tempo massimo di pronto intervento pari a zero.
2. – con il ricorso in epigrafe, Avverso tale statuizione ed i verbali di gara del 15 ottobre e del 5
novembre 2003, allora, la COSMOPOL s.r.l. si grava innanzi
a questo Giudice, con il ricorso in epigrafe, deducendo
anzitutto la
giurisdizione di quest’ultimo (trattandosi d'appalto da aggiudicare nel rispetto delle procedure d’evidenza pubblica e con applicazione
di norme nazionali e comunitarie), la propria legittimazione a
ricorrere (essendo
un’associazione
rappresentativa di categoria che fa valere in giudizio gli interessi collettivi degli
associati) e il proprio interesse all’impugnazione (in relazione
all’utilità che l’eventuale annullamento
del bando può comportare a favore d’una più ampia partecipazione degli associati stessi alla nuova gara), nonché, nel merito, due articolati profili di
censura. Resiste
nel presente giudizio l’intimata Grandi Stazioni s.p. a. che eccepisce anzitutto
l’inammissibilità del ricorso in epigrafe per tutt’e tre i profili di rito evidenziati dalla
ricorrente e, nel
merito, l’infondatezza della pretesa attorea. Interviene ad opponendum la SIRAM s.p.a., in proprio e n.q. di capogruppo mandataria
dell’ATI costituita con la TECHINT s.p.a. e con la Impresa Pizzarotti & c.
s.p.a. ai fini della partecipazione all’appalto per cui è causa, eccependo il
difetto di legittimazione della ricorrente per evidente conflitto interno di interessi
con le imprese interventrici, l'impossibilità di qualificare la stazione
appaltante quale organismo di diritto pubblico e, nel merito, l’infondatezza
del ricorso in epigrafe.
in punto di diritto vari profili
di censura e chiedendo anche il
risarcimento del danno subito, se del caso in forma specifica. Resiste nel
presente giudizio l’intimata FIJLKAM, che eccepisce il difetto
di giurisdizione del Giudice adito e, nel merito, l’infondatezza
della pretesa attorea. Anche la controinteressata SECURITAS METRONOTTE s.r.l.,
corrente in Roma, aggiudicataria
dell’appalto de quo, s’è
costituita in giudizio, eccependo
l’inammissibilità del ricorso in epigrafe per difetto d’interesse (la
ricorrente non supererebbe comunque la c.d.
“prova di resistenza”) e, nel merito,
l’infondatezza della pretesa attorea.
All’udienza camerale pubblica del 12 febbraio 2004, sussistendo
i presupposti di completezza dell’istruttoria e del
contraddittorio e su conforme richiesta deli tutte le parti, il ricorso in
epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.
a’sensi dell’art. 21, X c., I per. della l. 6
dicembre 1971 n. 1034, affinché il giudizio sia
definito nelle forme di cui al successivo art.
26, V c.
DIRITTO
1. – Come già accennato nelle premesse in
fatto, l’ANCE,
associazione rappresentativa a livello nazionale gli interessi degli
imprenditori privati operanti nel settore delle opere pubbliche e dell’edilizia
abitativa, commerciale, direzionale e industriale, adisce questo Giudice per l’annullamento del bando spedito il 10 giugno
2003 e pubblicato nella G.U. il successivo giorno 16, con cui Grandi Stazioni
s.p.a. ha indetto una gara per l’affidamento a contraente generale delle
attività di progettazione definitiva e/o esecutiva, di direzione lavori e di
realizzazione con qualsiasi mezzo degli interventi d'adeguamento degli edifici
delle grandi stazioni ferroviarie italiane.
In particolare, detto appalto,
da aggiudicare a
licitazione privata e per una durata di trentasei mesi, implica un affidamento di
lavori in un unico lotto e comprende anche i servizi di manutenzione e di
conduzione degli edifici delle stazioni coinvolte. L’importo a base d’asta è
fissato in € 557.016.000,00, di cui € 482.750.000 per gli interventi
d’adeguamento funzionale degli edifici (compresi € 14.500.000 per gli oneri di sicurezza), €
60.800.000 per i servizi di conduzione e manutenzione e € 13.466.000 per
l’attività di progettazione definitiva e/o esecutiva. Le stazioni ferroviarie
interessate dall’esecuzione dei predetti lavori, sono quelle di Milano
Centrale, Torino P.N., Genova P. Principe e Genova Brignole, Bologna Centrale,
Firenze S. M.N., Verona P.N. Venezia S.
Lucia e Venezia Mestre, Roma Termini, Napoli Centrale e Napoli P. Garibaldi,
Salerno Centrale e Bari Centrale.
2. –
Ai fini d’una miglior comprensione della vicenda controversa, reputa opportuno il Collegio
precisare che
l’appalto in parola prende le mosse dall'approvazione, con delibera CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001, del I programma
delle opere pubbliche strategiche a’sensi dell’art. 1 della l. 21 dicembre 2001 n. 443, ove
il progetto «grandi stazioni» è stato collocato nel sottosistema «Sistemi urbani».
Al riguardo, con nota n. 73 del 27 marzo 2003,
successivamente più volte integrata, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso al CIPE la propria relazione
istruttoria su detto programma, proponendo d’approvare i progetti definitivi d’adeguamento funzionale degli
edifici di stazione ed i progetti preliminari per le relative infrastrutture complementari, nonché il finanziamento parziale
di queste ultime. Tale proposta è stata poi accolta dal CIPE con delibera del 14 marzo 2003, in una con il relativo finanziamento
a valere sui fondi di cui all’art. 13 della l. 1° agosto 2002 n. 166, con conseguente approvazione dei
progetti definitivi a’sensi degli artt. 4 (ai fini della pubblica utilità delle opere così
autorizzate) e 16, c. 1 (attestazione di compatibilità ambientale e localizzazione dell'opera
sulla base del progetto definitivo) del Dlg 20 agosto 2002 n. 190. Dal canto loro, pure i progetti preliminari degli interventi complementari
sono stati approvati a’sensi e per gli effetti del precedente art. 3, ai fini dell'accertamento della loro compatibilità
ambientale e del perfezionamento, ad ogni fine urbanistico-edilizio, della relativa
localizzazione, con conseguente automatica variazione degli strumenti
urbanistici vigenti ed adottati.
Per realizzare il progetto per
il recupero e l’adeguamento funzionale di tali tredici stazioni ¾attraverso un insieme di opere
articolato in interventi di riqualificazione ed infrastrutturali complementari¾, Grandi Stazioni s.p.a. ha
chiesto, con nota del n. 8879 del 18 aprile 2003, al Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti di potersi avvalere dell’affidamento a
contraente generale a’sensi dell’art. 16, c. 3 del Dlg 190/ 2002. Con nota n. 16.364 del
28 maggio 2003, il Ministro le ha comunicato la facoltà di potersi avvalere di
tal modalità d'affidamento unitario a contraente generale. Quindi, Grandi
Stazioni s.p.a. ha emanato il bando impugnato in questa sede, esercitando la
facoltà così concessale, attraverso, però, il previo accorpamento di tutte le
opere per tutte le stazioni.
3.1. – Così chiarito per sommi capi
il quadro fattuale della res controversa,
ora il Collegio prende in esame le eccezioni preliminari d’inammissibilità,
sollevate in vario modo dalle parti resistenti. Tutte tali eccezioni, in rito ed in merito, sono infondate e devono
esser rigettate, per le ragioni di cui
appresso.
3.2. – Non può esser condivisa
l’eccezione di difetto di giurisdizione di questo Giudice nella vicenda in questione,
nonostante il richiamo della stazione appaltante ad un arresto (cfr,. Cons. St., V, 6 ottobre 2003 n. 5902), che afferma come Grandi
Stazioni s.p.a. non
sia stata istituita e per soddisfare specificamente bisogni d'interesse generale, non aventi
carattere industriale e commerciale, onde essa non si può considerare amministrazione aggiudicatrice, soggetta all’applicazione delle procedure
previste dalla normativa vigente in materie di lavori pubblici.
Ritiene il Collegio tale
pronuncia non correttamente citata nella vicenda in esame, giacché, in quella situazione, si
controverteva sulla
differenza tra gli impianti di stazione rientranti nell’ambito o, comunque, strumentali al servizio pubblico ferroviario e gli immobili
gestiti da Grandi Stazioni s.p.a., i quali, pur se adiacenti agli impianti stessi, erano
destinati a scopi diversi e, in particolare, a quelli di sfruttamento economico di diritto privato.
Nella
specie, al contrario, è indubbio, oltre alla loro qualità strategica ¾tale da farli soggiacere alla disciplina della l.
443/2001¾, che gli interventi oggetto del bando riguardino il complesso immobiliare di ciascuna grande
stazione ferroviaria e della sua collocazione nel tessuto
urbano, quale
strumento dell’offerta pubblica di trasporto e, quindi, indipendentemente dall’utilizzabilità di alcuni
locali o aree per scopi commerciali diversi e, addirittura, neppure collegati
al trasporto. Gli interventi in esame sono, con ogni evidenza, preordinati alla soddisfazione di esigenze d'interesse e d’utilità pubblici, direttamente connesse all’esercizio del servizio pubblico di trasporto ferroviario e,
più generale, alla predisposizione
dell’offerta di
mobilità intermodale. Essendo stati perciò inclusi nel I programma delle
opere strategiche e
di preminente interesse nazionale, detti interventi ipso facto non possono esser realizzati che con un affidamento
conseguente a procedure ad evidenza pubblica, in base alle regole essenziali
della l. 443/2001.
A tal riguardo, la delibera CIPE del 14 marzo 2003, nell’includere gli interventi
stessi nel predetto programma, ne ha individuato in Grandi Stazioni s.p.a. il soggetto aggiudicatore, secondo la definizione all’ uopo stabilita dall’art. 1, c. 7, lett. g) del Dlg
190/2002 e, come
tale, l’ha finanziata.
Tale norma indica, tra i soggetti aggiudicatori, non solo le amministrazioni aggiudicatrici
di cui all'art. 1, lett. b) della Dir. n. 93/37/CEE (lavori pubblici) ed i soggetti aggiudicatori ex art. 2 del Dlg 17 marzo
1995 n. 158 (settori c. d. “esclusi”), ma anche, ai soli fini degli interventi per le opere strategiche ex l.
443/2001, i diversi
soggetti pubblici o privati assegnatari
dei fondi all’uopo
stanziati. Sicché
s’appalesa uno pseudoproblema verificare se, in questo o in altri casi ¾quale, appunto, quello da cui
originò la ricordata pronuncia¾, Grandi Stazioni s.p.a. sia, o no un organismo di diritto
pubblico, il citato art. 1, c. 7 reputando irrilevante, ai fini dell'assoggettamento di essa alle
procedure ad evidenza pubblica, la sua natura soggettiva. Da ciò discende che, per un verso, Grandi Stazioni
s.p.a. è tenuta a procedere alla scelta del contraente, adoperi o no la facoltà
ex art. 16, c. 3, I per. del Dlg 190/ 2002, mercé un pubblico incanto; e, per
altro verso, si radica su tale procedura la competenza esclusiva di questo
Giudice ex art. 6 della l. 21 luglio 2000 n. 205.
3.3. – Parimenti da respingere è l’eccezione del difetto di
legittimazione attiva in capo alla ricorrente, ravvisato dalle parti resistenti nel conflitto di interessi
scaturente dalla
circostanza che alcune imprese, pur associate all’ANCE, abbiano reputato di possedere i
requisiti per la partecipazione alla gara indetta con il bando impugnato ed abbiano proposto la relativa
istanza.
Noto è al Collegio il
principio per cui, nel processo amministrativo, le
associazioni di categoria possono far valere in giudizio gli interessi propri
dell’intera categoria, a condizione che risulti con certezza che gli interessi individuali degli iscritti o degli appartenenti siano univocamente conformi a quello a
tutela del quale l'associazione agisce e non
siano in contrasto, neanche potenzialmente, tra loro (Cons. St., VI, 14 gennaio 2003 n. 93). Ritiene, nondimeno, il
Collegio che tale arresto, in sé condivisibile, sia invocato non a proposito
dalle parti resistenti, atteso che l'interesse, su cui poggia la legittimazione delle associazioni di categoria ad agire in giudizio, non corrisponde alla somma
degli interessi individuali dei singoli iscritti, ma ha carattere collettivo, essendo riferita alla categoria considerata in
modo oggettivo, complessivo ed unitario, piuttosto che alle possibili
fazioni in cui questa, di volta in volta o per ragioni congiunturali, ritiene
di dividersi.
Ora, nella specie, in contestazione
non è la partecipazione delle predette imprese ¾quasi che l’ANCE voglia far
valere in questa sede interessi d’una parte delle imprese iscritte contro
quelle altre su
tale punto, censurandone l’intendimento concreto di partecipare alla gara de qua¾, bensì il criterio di selezione, affidamento a general contractor secondo la norma ex art. 16, c. 3, I per. del Dlg 190/2002, con la consequenziale
fissazione di
requisiti d’ammissione a gara che, in effetti, sono molto rigorosi e si rivolgono ad una platea
molto ristretta di imprese edili. Come si vede, in questa sede la ricorrente ANCE agisce a tutela
d’un interesse collettivo di cui essa è esponenziale e non già a favore degli interessi
individuali di alcuni associati contro altri, nel qual caso l’azione sarebbe inammissibile,
giacché compito precipuo dell’associazione di
categoria è comporre e non fomentare i conflitti tra gli associati. Ebbene, nel caso in cui, come
nella specie, nell’atto
impugnato sia effettivamente riconoscibile una capacità lesiva di interessi
unitari d’una determinata categoria di soggetti (cfr. Cons. St., V, 29 gennaio 1999 n. 69; id., 1° luglio 2002 n. 3586), il relativo ente esponenziale è legittimato a far valere in
giudizio tali ragioni, ancorché, per avventura, uno o più iscritti siano indifferenti a tale
scelta illegittima e vi s’adeguino per conseguire vantaggi, anche sugli altri iscritti, altrimenti non raggiungibili. Invero, la legittimazione attiva in capo ad
un’associazione di categoria non può essere esclusa da un ipotetico conflitto di
interessi tra essa
e singole imprese beneficiarie dell'atto impugnato, atteso
che la sussistenza di
tale conflitto, per
essere idoneo ad escludere la legittimazione in parola, va valutata in astratto, all'uopo non bastando la circostanza, del tutto eventuale e giuridicamente insignificante, che
alcune imprese
possano lucrare un risultato utile dal provvedimento che l'associazione assume lesivo dell'interesse
istituzionalizzato di categoria (cfr. Cons. St., V, 3 giugno 1996 n. 624). Né la posizione d’un singolo associato, che
pensi di trarre beneficio dalla vicenda ritenuta dall’associazione lesiva per
tutta la categoria, può
esser ritenuta tanto meritevole di tutela o, comunque, fonte d’un così
rilevante conflitto di interessi, da paralizzare sempre e comunque l’azione a
tutela dell'interesse collettivo e d’impedire così la possibilità per la generalità
degli associati di difendere il bene metaindividuale.
Nella vicenda oggi in esame,
il risultato del restringimento della platea dei partecipanti è frutto di
scelte illegittime. Sicché il requisito di partecipazione alla gara non è
davvero stabilito con riguardo a certe dimensioni aziendali effettivamente occorrenti
alla realizzazione delle opere appaltande, nel qual caso la dimensione ammessa
a gara sarebbe indotta non artatamente dal bando, ma dalle esigenze del mercato
relativo. Detto requisito discende solo dalla violazione delle regole ex art.
16, c. 3, I per. del Dlg 190/2002, di talché il risultato così illegittimamente
ottenuto premia una certa dimensione aziendale, piuttosto che altre, in modo
non virtuoso. Pertanto, esso è di per sé ed ipso
facto lesivo per tutte le imprese appartenenti alla categoria considerata,
indipendentemente dall’indebito vantaggio materiale che una o più di esse
possano lucrare dalla partecipazione a detta gara.
Né varrebbe ad escludere
siffatta legittimazione la circostanza che l'eventuale annullamento dell'impugnato bando possa non arrecare un vantaggio immediato e di pari intensità a tutte le imprese associate (in
particolare, a quelle che indirettamente lucrano benefici dall’atto gravato), giacché qui rileva solo che non si riscontri in capo ad alcuna di loro posizioni di controinteresse
all'annullamento
stesso.
Al riguardo, l’ATI
interventrice ad opponendum ha adombrato, all’udienza pubblica del 12
febbraio 2004, la configurabilità delle imprese, che già han proposto istanza
di partecipazione alla gara in esame, la qualità di controinteressati c.d. “sopravvenuti”. È noto al Collegio, invece, il
principio, dal quale non ha motivo di discostarsi,
secondo cui nel giudizio
amministrativo è controinteressato: A) – il portatore d’un interesse giuridicamente qualificato alla conservazione
dell'atto impugnato,
nella misura in cui ne
ricavi un vantaggio diretto ed immediato; B) – che sia nominativamente indicato nell'atto o sia
da esso agevolmente individuabile; C) – la cui qualità sia accertata con riferimento alla data
d'emanazione dell'atto impugnato stesso, posto che l'onere d'intimazione dei controinteressati
si radica solo al momento della
proposizione del ricorso giurisdizionale (cfr. Cons. St., V, 2 marzo 1999 n. 211) ed irrilevante essendo ogni
circostanza o fatto sopravvenuti, ancorché acquisiti nel corso della causa o, addirittura, desumibili dal merito della
controversia (cfr. id., 26 settembre 2000 n. 5092; id., 29 luglio 2003 n. 4324). D’altronde, prevale in
giurisprudenza l’opinione
per cui l'impugnazione
del bando d'un procedimento
concorsuale non implichi di per sé posizioni giuridiche di controinteresse,
non essendo in quel momento individuabili soggetti, nominativamente indicati o agevolmente identificabili,
che ricavino un
beneficio diretto ed immediato dal mantenimento dell’atto impugnato (cfr., per tutti, Cons. St., VI, 19 novembre 1996 n. 1609;
id., V, 3 febbraio
2000 n. 601; id., VI, 30 aprile 2002 n. 2302).
3.4. – Non a diversa conclusione deve il Collegio
pervenire per ciò che concerne l’eccezione di difetto dell’interesse azionato, con riferimento al
secondo motivo di
gravame, sollevata da
Grandi Stazioni s.p.a. e secondo la quale essa, nel procedimento di
riemanazione conseguente all’annullamento del bando impugnato, potrebbe ricorrere ad un appalto integrato in un unico
lotto, che, di fatto, richiederebbe gli stessi requisiti di partecipazione di
quelli oggi
censurati.
Ora, in linea di principio, non sfugge al Collegio che la possibilità, per il ricorrente, d’ottenere una decisione nel
merito sull’azione
proposta è
strettamente legata alla sussistenza d’un interesse a ricorrere, connotato dalla personalità e
dall’attualità tanto della lesione
subita, quanto dal vantaggio
ottenibile. È altresì vero che l'interesse a ricorrere
sussiste quando non solo l'annullamento
dell'atto lesivo sia di per sé idoneo a realizzare
l'interesse diretto e immediato del ricorrente, ma anche se tale annullamento sia idoneo a rimettere in discussione il rapporto controverso,
obbligando la P.A. a riesaminare la situazione
tenendo conto delle statuizioni implicite scaturenti dall'accoglimento delle
censure ritenute fondate.
Erra allora Grandi Stazioni s.p.a. a ritenere insussistente ogni
utilità ritraibile dall'accoglimento del secondo mezzo di gravame, perché, a parte le irriducibili differenze tra affidamento a general contractor ed appalto integrato
ex art. 19, c. 1, lett. b) della l. 11 febbraio 1994 n. 109, non è
ineluttabile il ricorso di essa a quest’ultimo o, perlomeno, non nei termini indicati. Invero, l’art. 16, c. 3, III
per. del Dlg 190/2002 prevede che, qualora i progetti che non abbiano le caratteristiche per l’affidamento a general contractor a’sensi del
precedente I per., sono
sì realizzati con appalto integrato
di progettazione esecutiva ed esecuzione, ma in uno o più lotti o, se del caso, con appalto di sola esecuzione, se è stato predisposto il progetto
esecutivo, ferma
sempre restando la facoltà dell'affidamento in concessione. Come si vede, se è vero che,
laddove non vi siano i presupposti per l’affidamento a contraente generale, la stazione appaltante deve motivare la scelta a
favore di quello in concessione, ma, dal canto suo, il ricorso all’appalto
integrato non è automatico,
dovendo esser chiarita la ragione di prevedere uno o più lotti e, in presenza
di progetti esecutivi, d’adoperare, o meno, l’appalto di sola esecuzione. Nella specie, per un verso,
dall’annullamento
del bando non discende necessariamente l’uso dell’appalto integrato e, per altro verso, l’accoglimento della doglianza
attorea sull’assenza dell'affermata unitarietà impedirebbe a Grandi Stazioni s.p.a. di ricorrere, in sede di
riemanazione, a tale appalto in unico lotto per tutte le stazioni.
3.5. –
Infine, eccepisce Grandi Stazioni s.p.a. l’inammissibilità del gravame in
epigrafe, non avendo la ricorrente impugnato, con motivi aggiunti, della nota n.
16. 364/2003, depositata agli atti di
causa l’8 ottobre 2003 e con cui il Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti, ritenendo sussistenti i presupposti ex
art. 16, c. 3, I per. del Dlg 190/2002, le ha comunicato la facoltà d’avvalersi dell'affidamento
unitario a general contractor.
L’eccezione è manifestamente infondata e dev’esser disattesa.
In realtà, la nota in parola non è
che una lettera personale del sig. Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti, indirizzata all’amministratore delegato di Grandi Stazioni s.p.a., con cui comunica a questi che detta Società «… potrà
avvalersi della modalità di affidamento a contraente generale…». Nel testo della lettera
stessa, invero laconica, non v’è, a parte la mera citazione della norma, nessun
serio dato che non solo motivi, ma addirittura possa consentire d’arguire che il sig. Ministro
abbia inteso individuare
gli interventi in questione come un evento che realizzi i presupposti cui l’art. 16,
c. 3, I per. del Dlg 190/2002 subordina siffatto tipo d’affidamento. Ancor meno tale lettera si può
intendere a guisa d'autorizzazione a Grandi Stazioni s.p.a. in ordine all’uso della procedura del general contractor, specie se letta a fronte
dell’articolata ed
ampia richiesta di detta Società al riguardo, che, pure, nell’istanza in data 18 aprile 2003 si sforza (in modo
inadeguato, ad avviso del Collegio) d'offrire un complesso di ragioni idonee a giustificare
l’esistenza dell’interconnessione
con altri sistemi di collegamento europei e la complessità dell'intervento realizzando tale da richiedere un'unica logica realizzativa e
gestionale,
indicata dalla norma.
Per vero, l’art. 16, c. 1, II per. del Dlg 190/2002 attribuisce al Ministro la potestà d’individuare i progetti che possano
esser affidati con
detta procedura. La
norma lascia così intendere
che tale potestà ministeriale implica che la scelta sia condotta sulla base, laddove si versi, come nella specie, in una
situazione di prima
applicazione, del
previo accertamento, per tutti i progetti sottoposti all’esame del Ministro stesso,
della necessaria
compresenza dei vari presupposti, materiali e finanziari,
colà indicati. Ebbene,
non basta proporre
al Ministro un progetto, né, come nel caso in esame, che questi facultizzi Grandi Stazioni s.p.a. ad usare la procedura in
contestazione, affinché
quest’ultima si renda possibile e legittima. Occorre piuttosto che sussista, prima della concessione di
tale facoltà, perlomeno
un cenno di condivisione ministeriale della prospettazione del soggetto
aggiudicatore ed
un’autonoma, sia pur succinta, ma effettiva valutazione dei presupposti predetti.
Sicché nessun onere d'impugnazione può sussistere, in capo alla ricorrente, nei
confronti d’un atto, quale la nota ministeriale del 28 maggio 2003, che non statuisce alcunché e neppure parafrasa l’art. 16, c. 3, I per., onde nulla aggiunge o toglie
circa la bontà, o meno, della scelta concreta di Grandi Stazioni s.p.a. sul
punto.
Si potrebbe forse discettare
sul fatto che nella specie il sig. Ministro nulla abbia
potuto statuire perché, in realtà, Grandi Stazioni s.p.a. non gli ha fornito un quadro seriamente preciso
sull’intera vicenda. Per vero, detta Società sembra essersi profusa, nella nota
del 18 aprile 2003, in una generica, quanto ridondante argomentazione sulla necessità
d’un unico intervento per garantire identici standard costruttivi e qualitativi, di per sé non sufficiente, né idoneo a giustificare l’accorpamento degli
interventi per
tutt’e tredici le stazioni coinvolte,
collocate in
situazioni geografiche, ambientali, urbanistiche, architettoniche e costruttive
notoriamente quantomai differenti. Ma, pure se così fosse e così appare al Collegio, ciò non cambierebbe il contenuto
e gli effetti della nota ministeriale in esame, né tampoco fonderebbe un più
forte onere d’impugnazione
di essa da parte della ricorrente.
4.1. –
Nel merito, il ricorso in epigrafe è fondato e, come tale, è meritevole
d'accoglimento, nei limiti e per le considerazioni qui di seguito indicati.
4.2. – Va accolto il primo
mezzo di gravame, con cui la ricorrente si duole che il bando impugnato sia
irretito dalla violazione
e falsa applicazione del Dlg 190/2002, della l. 109/1994 e dell’art. 3 Tratt. UE e
dall’eccesso di potere sotto vari profili.
Al riguardo, la ricorrente
deduce in punto di diritto l’indebito ed incongruo accorpamento, non imposto,
né suggerito dal CIPE al momento dell’approvazione dei progetti ai fini
dell’accesso alle procedure ex art. 1, c. 3-bis della l. 443/2001, di tutti i lavori in un unico lotto. E ciò
nonostante le differenze e l'eterogeneità degli interventi, sì da implicare, in
capo alle imprese che
intendano partecipare alla relativa gara, la necessità del possesso di requisiti molto elevati
e, quindi, da restringere eccessivamente la platea dei possibili partecipanti.
Ora, al momento dell’inclusione
degli interventi in parola tra le opere strategiche ex l. 443/2001, il CIPE ha
chiarito, sotto il profilo infrastrutturale, che «…i progetti definitivi,
relativi all’adeguamento funzionale degli “edifici di stazione” mirano a
riqualificare detti edifici… e sono riferiti ad opere di messa norma e
sicurezza, alla riorganizzazione delle percorrenze ed alla riqualificazione
funzionale, all'introduzione di nuovi elementi architettonici in armonia con un
programma di ripristino delle preesistenze…». Inoltre, «… i progetti
preliminari riguardano gli interventi per la riqualificazione delle aree delle
infrastrutture complementari alle stazioni e comprendono la costruzione di
parcheggi di varie tipologie…, la realizzazione di infrastrutture da destinare
a servizi, la sistemazione di aree esterne, soprattutto in relazione all’ interscambio
con altri sistemi di trasporto pubblico e privato, e la creazione di sistemi di
videosorveglianza finalizzati a riqualificare i complessi di stazione sotto
l'aspetto della sicurezza…». Il CIPE afferma altresì che «…le diverse tipologie di intervento,
caratterizzate da un diverso grado di progettazione e considerate distintamente
nell’istruttoria svolta dal Ministero…, presentano caratteri di unitarietà
nell’ àmbito delle singole stazioni anche in relazione alla sensibilità delle
aree interessate da interventi, da articolare in lotti funzionali estremamente
interconnessi al fine di garantire costantemente la piena fruibilità
dell’edificio di stazione e dei relativi servizi ferroviari…».
4.3. – Già da tali elementi il
Collegio ritiene d’evincere, per sgombrare il campo da ogni equivoco sul punto,
che il CIPE, ben lungi dal prender partito in modo netto circa ed a favore
della riunione di tutti i lotti di tutte le stazioni coinvolte in un unico appalto,
si limita a segnalare l’unitarietà sì d'entrambe le tipologie d’intervento, ma
con riguardo all’«…àmbito delle singole stazioni …».
In altri termini, il CIPE, in
relazione all’istruttoria ministeriale sui progetti de quibus, ha voluto se non fissare, certo chiarire in modo non
equivoco il contenuto minimo degli interventi stessi, indicando nella singola
stazione ferroviaria l’elemento fisico ed economico di riferimento per
l'aggregazione minima ottimale «…dei lotti funzionali estremamente interconnessi…».
Non a caso il CIPE, pur prendendo atto che il Ministero relatore conferma il
carattere unitario del programma in parola, non statuisce in tali termini,
tant’è che, oltre al riepilogo generale delle somme stanziate per tutte le
stazioni coinvolte, fornisce i dati finanziari disaggregati per ciascuna stazione
e per ciascun intervento infrastrutturale complementare. Non vieta certo il
CIPE, in linea di mero principio, una modalità d'intervento coordinato per
pluralità di stazioni coinvolte, ma ne lascia la decisione al soggetto
aggiudicatore in sede d'esecuzione, secondo ovvi criteri di ragionevolezza e di
congruenza al fine, fermo il rispetto di tale soglia minima. Ad una serena
lettura delle vicende di causa, come fa notare la ricorrente, l'accorpamento di tutti gli
interventi per tutte le stazioni in parola non discende quindi da una volizione ferma ed in terminis né del CIPE, né tampoco del Ministero delle infrastrutture
e dei trasporti.
Certo,
quest'ultimo
esprime l’avviso per cui non si può «… prescindere da una visione unitaria del
quadro degli interventi, soprattutto a causa di fattori quali: i tempi ed i
modi di realizzazione degli interventi che hanno effetti diretti sui relativi
fabbisogni finanziari di autorizzazione alla spesa…». Invero, l’«…unitarietà
dei vari interventi…» discende dal fatto che essi sono tutti «…orientati alla
standardizzazione ed ottimizzazione di servizi connessi al trasporto e quelli
destinati ai cittadini, esaltando la funzione primaria di nodo trasportistico,
promuovendo l’intera area di stazione…»
Tuttavia, la giusta enfasi,
con cui il Ministero sottolinea il carattere strategico degli interventi in
esame ¾peraltro mai revocato in
dubbio, tant’è che, proprio per questo, il CIPE se n’è occupato¾, non dimostra, con ciò condividendosi la
prospettazione attorea, che l’unitarietà della loro ideazione e del loro
finanziamento sia un dato logico-argomentativo dirimente, tale, cioè, da
giustificare comunque
e da solo l’ impugnato accorpamento. Rettamente la ricorrente fa rilevare l'assenza di un razionale presupposto d’ordine sia territoriale, sia
funzionale ¾relativo, cioè, alla tipologia dei lavori da effettuare nei
singoli contesti in cui pur sempre l'aggiudictario dovrà operare¾, che giustifichi la scelta impugnata. Non basta allora predicare l’unitarietà
strategica degli interventi per dimostrare la necessità di trattarli tutti in
un unico appalto. Occorre piuttosto dimostrare, sia pur succintamente, ma con
serietà, che il piano industriale proposto al CIPE, se non imponga, certo
suggerisca maxime preferibile
l’accorpamento a fronte di altre soluzioni industriali possibili e parimenti
coerenti con la natura strategica degli interventi; e che l’eterogeneità dei lavori
appaltandi, pur se da realizzare in contesti geografici, urbanistici ed
architettonici variegati ed irriducibili, sia un costo comunque superabile dai
benefici dell'unica procedura.
In particolare, essendo la procedura ex art.
16, c. 3, I per. del Dlg 190/2002 derogatoria
e di stretta interpretazione, è onere del soggetto aggiudicatore, se reputa preminente l’interesse di ricorrervi ¾rispetto a quello, anch’esso
di natura pubblica, di
non restringere quanto più è possibile il confronto concorrenziale tra le
imprese di settore¾, sottoporre al Ministro un’adeguata descrizione della complessità dell'intervento
tale da richiedere
un'unica logica realizzativa e gestionale. Quest’ultima, ad avviso del
Collegio, non si sostanzia già nella predisposizione di
un’unica strategia aziendale, né nell’accentuazione solo degli elementi unificanti del progetto generale
d’intervento, certamente
sempre rinvenibili.
Essa comporta piuttosto, affinché il Ministro possa
aver seria contezza della
natura e della qualità del progetto complessivo e dei singoli interventi, l’evidenziazione
dei fattori critici
di disomogeneità e dei metodi per risolverli. Infatti, se è ben vero che non è sempre illegittima
la sommatoria dei vari interventi in un unico grande progetto, questo risultato non è liberamente raggiungibile, né è
quello preferito dalla legge, di talché l’innalzamento della soglia di partecipazione delle imprese alla gara dev’esser la risultante di
un’esigenza ponderata, razionale e proporzionata al fine, non un obiettivo da realizzare comunque.
Al riguardo, non sembrano
richiamati a proposito dalle parti resistenti due arresti giurisprudenziali (ossia Cons. St., V, 26
marzo 2003 n. 1574; id., 21 novembre 2003 n. 7620), laddove s’afferma che «… non esistono
rigidi ed espressi divieti volti ad impedire che più opere possano formare
oggetto di un unitario affidamento alla stessa impresa, sulla base di un’unica gara…». Subito dopo questo principio in sé condivisibile, il Consiglio di
Stato si premura di precisare, con valutazione anch’essa fatta propria dal
Collegio, non solo che «… è sempre possibile dimostrare, di volta in
volta, che l’accorpamento sia irragionevole o ingiustificato, oppure diretto ad aggirare i
principi della concorrenza…», ma anche che «… occorre considerare attentamente la netta
distinzione tra gli appalti per la progettazione e per la realizzazione delle
opere, da un lato, e il servizio strumentale concernente la verifica tecnica degli
elaborati e dei documenti allegati…». Il caso trattato in quelle sedi riguardava,
infatti, il rigoroso
e circoscritto accorpamento dell’appalto relativamente non già alle opere,
bensì al predetto servizio strumentale, che, con ragione, la stazione
appaltante aveva inteso riunire per tutte le gare d’appalto d’opera, rimaste,
invece, distinte.
Per vero, non è intuitiva, né
necessaria la relazione biunivoca tra siffatta unitarietà ed un accorpamento purchessia
di tutti gli interventi per tutte le stazioni ferroviarie, tant’è che pure il
trattamento di essi mercé una pluralità di gare, contestuali nei tempi, similari
nelle procedure e riunite per lotti e scopi omogenei, non è di per sé fonte di
ritardi nel raggiungimento dell'obiettivo, né nell'erogazione dei finanziamenti
occorrenti. Anzi, una soluzione siffatta,
non vietata, né esclusa dagli atti presupposti al bando impugnato, non viola il principio,
direttamente discendente dall’ art. 97 Cost., secondo cui l’attività amministrativa in
materia di gare di lavori pubblici dev’esser improntata a criteri, oltreché di
trasparenza e di massima partecipazione (con riguardo, ovviamente, all’oggetto della gara stessa),
d’efficienza, efficacia e tempestività, secondo procedure che
realizzino il
rispetto del diritto comunitario e della libera concorrenza degli operatori ex art. 1 della l. 109/1994. Detta soluzione, nella misura in cui parifica i
tempi e le modalità di tutte le procedure mercé lotti adeguati anche
all’effettiva realtà del mercato, è anch’essa idonea a rispondere, non diversamente
dall'affidamento dell’appalto ad un contraente generale, all’esigenza, non
infondatamente avvertita dalla stazione appaltante (cfr. pag. 15 della memoria
depositata l’8 ottobre 2003), d' assicurare l’omogeneità dei comportamenti in ognuna
delle tredici stazioni considerate, nonché della puntuale e corretta
applicazione delle stesse modalità operative per tutti e per ciascun intervento. E ciò s’appalesa ancor più significativo, se si
considera che siffatta
esigenza, descritta nella citata istanza di Grandi Stazioni s.p.a. in data 18
aprile 2003, muove sì dal concetto per cui i singoli
interventi sono parte
d’un insieme sistematico di opere ¾che trovano il loro fattore di successo solo se tutti i nodi
della rete ferroviaria, costituiti dalle grandi stazioni ferroviarie, raggiungano un’ elevata efficienza e qualità
funzionale¾, ma tale obiettivo si raggiunge appunto con identici standard costruttivi e qualitativi, più che con un’unità
forzata.
5. – Da accogliere è, sia pur con
le precisazioni di cui appresso, il secondo motivo
di ricorso, con cui l’ANCE lamenta l’illegittimità dell’affidamento della gara in
esame a contraente generale, in quanto, in sede di prima applicazione della
disciplina ex Dlg 190/2002, non è possibile utilizzarla
in difetto dei rigorosi presupposti legittimanti indicati dall’art. 16, c. 3 e
non rinvenibili nella predetta delibera CIPE.
Com’è noto, l’art. 6 del Dlg
190/2002 consente, in deroga all’art. 19 della l. 109/ 1994, l’affidamento della
realizzazione delle grandi opere strategiche ex l. 443/2001 o con concessione
di costruzione e gestione, oppure in modo unitario a contraente generale. Tuttavia, non è in
contestazione tra le parti che, nella specie, si versi in un caso di prima
applicazione, che giustifica
il ricorso al successivo art. 16, c. 3, I per. solo in presenza, tra l’altro, del presupposto
della soglia minima di € 250.000.000 quale importo a base d’asta.
Ora, non sfugge al Collegio, aldilà
dell’articolazione del ricorso in epigrafe in più motivi, la stretta
connessione tra il
predetto
accorpamento e l’uso della procedura ex art. 16, c. 3 del Dlg 190/2002. Ma ciò,
ad avviso del Collegio, s’appalesa più l'unico metodo utile per raggiungere la soglia
dell’importo minimo previsto dalla norma citata in sede di prima sua
applicazione, che una meditata scelta aziendale di Grandi Stazioni s.p.a.,
risultante dalla razionale disamina di obiettivi, mezzi a disposizione,
finanziamenti e disponibilità di soggetti attuatori nel mercato. Accorpamento
di tutti i lavori in un unico atto ed affidamento a general contractor, pur se ontologicamente distinti, in concreto si
tengono l’un l'altro, nel senso che, nella specie, senza il raggiungimento di
tale soglia grazie al primo, il secondo non potrebbe esser legittimamente
utilizzabile. E che si tratti d’una scelta
non indotta dalle cose, ma di diretta volizione di Grandi Stazioni s.p.a. non
par dubbio, soprattutto
se si tien conto, come s’è accennato sopra, che il CIPE ha sì ritenuto strategici gli interventi in esame, ma
non ne ha riscontrato l'unitarietà dei progetti in
un ambito più esteso di ciascuna singola stazione ferroviaria considerata. Si può discettare sull'esistenza
d’una reale necessità di prevedere, in sede di prima applicazione dell’art. 16,
c. 3, I per., oltre a requisiti tecnici
(interconnessione con altri sistemi di collegamento europei; complessità
dell'intervento tale da richiedere un'unica logica realizzativa e gestionale;
estrema complessità tecnico-organizzativa) già da soli di non facile occorrenza, anche l’indicata soglia minima, per i progetti appaltandi. Tale regola di garanzia,
però, è stata voluta dal legislatore
con una scelta forse opinabile sotto il profilo del contenuto,
ma di per sé non manifestamente irrazionale e tale da non consentirne il rinvio
al Giudice delle leggi e, quindi, non legittimamente aggirabile dal soggetto
aggiudicatore con la forzatura dei dati
materiali per raggiungere comunque tali requisiti.
Anche a voler seguire
l’impostazione di Grandi Stazioni s.p.a., come manifestata nella sua nota del 18 aprile
2003, rettamente la
ricorrente esclude che si possano rinvenire, negli interventi sottoposti alla
determinazione del CIPE, le caratteristiche dell’unica logica realizzativa e gestionale e
dell’estrema complessità tecnico - organizzativa, che contemporaneamente devono sussistere affinché il ripetuto art. 16, c. 3, I per. del Dlg
190/2002 consenta l’affidamento a general contractor in alternativa alla concessione ex art. 19, c. 2 della l.
109/1994. Non
l’unica logica realizzativa e gestionale, perché, come ben evincesi dalla relazione di sintesi della Segreteria tecnica del sig.
Ministro delle infrastrutture, gli interventi sono sì raggruppabili, sotto il
profilo
descrittivo, per categorie omogenee di lavori, ma poi, scendendo al dettaglio e aldilà del mero dato della
non contiguità geografica dei siti
interessati (di per sé solo poco
significativo), nonché della differenza tra progetti definitivi per gli edifici di stazione e
progetti preliminari per le infrastrutture complementari, ciascuna stazione ne abbisogna di alcuni e non
di altri, anche per
l’estrema varietà delle effettive esigenze d’ognuna di esse e dei tempi occorrenti per la realizzazione delle
opere nei singoli siti (cfr. pag. 11 della relazione). Non l’estrema complessità tecnico - organizzativa, perché tali opere, assodati il loro valore strategico
e l’effettivo incremento,
per tutti i siti, della
funzionalità delle
stazioni e dell’accessibilità
del tessuto metropolitano al sistema stazione (con conseguente maggior integrazione tra questo e tessuto urbano)
che la loro realizzazione comporta, notoriamente rientrano tutte nell'ordinario ed attuale bagaglio delle conoscenze ingegneristiche ed
architettoniche ¾anche per ciò che attiene ai
sistemi di sicurezza e all’approntamento di cantieri in aree critiche e/o a
grande afflusso di traffico¾, di cui v’è ampia disponibilità tra le imprese associate alla
ricorrente, onde
non v’è prima facie un’evidente ragione di restringerne la partecipazione alla gara.
Né erroneamente la ricorrente liquida in poche
parole la disamina del requisito dell'interconnessione con altri sistemi di collegamento europei, che, com’è noto, è alternativo a quello testé esaminato. Infatti, di tale aspetto non
v’è cenno, oltre che nella delibera CIPE, né nell’istanza di Grandi Stazioni s.p.a. in data 18
aprile 2003, né tampoco nella successiva
nota ministeriale,
essendo stato ritenuto prevalente ed assorbente l’altro requisito di cui sopra.
In tal caso, il Collegio non può occuparsi di una questione che, pur se rilevantissima ai
fini della corretta applicazione dell’art. 16, c. 3, I per. del Dlg 190/2002, non ha formato oggetto dell’atto impugnato, né di
specifica censura da
parte della
ricorrente.
Pertanto, l’esame sulla sussistenza concreta di tale requisito non è coperta dal presente giudizio e resta,
intatto, nella disponibilità di Grandi Stazioni s.p.a. nella sede di doverosa
riemanazione conseguente alla presente sentenza.
3. – 6. – Va disattesa la preliminare
eccezione di difetto di giurisdizione di questo Giudice,
sollevato dalla Federazione resistente sulla procedura ad evidenza pubblica per cui è
causa. È materialmente vero che essa, come Federazione sportiva, ha natura
d’associazione con personalità giuridica di diritto privato, a’sensi
dell’art. 15, c. 2 del Dlg 23 luglio 1999 n. 242. Nondimeno, la FIJLKAM, in
virtù del precedente c. 1, svolge l'attività sportiva in armonia con le
deliberazioni e gli indirizzi del CIO e del CONI, anche in considerazione della
valenza pubblicistica di specifici aspetti di tale
attività. Né basta: le Federazioni sportive “privatizzate”, ancorché non più
istituite come soggetti di diritto
pubblico, comunque assumono ex lege la funzione
di soddisfare specificamente bisogni
d’interesse generale a carattere non industriale o
commerciale (intendendosi, con tale locuzione, non
l'imprenditorialità della gestione, ma la finalizzazione per il soddisfacimento
di bisogni generali della collettività), mediante lo
svolgimento di un’attività finanziata in modo maggioritario dallo Stato, da
altri enti pubblici o da altri organismi di diritto pubblico, con ciò adempiendo
al presupposto ex art. 2, c. 1,
lett. b) del Dlg 17 marzo 1995 n. 157.
Non maggior pregio ha, ad avviso del Collegio,
l’eccezione di difetto dell'interesse
azionato, per mancato superamento della c.d. “prova di resistenza”. Assume al
riguardo la controinteressata che, anche quando
fosse accolta la tesi attorea sull’ equivoco ingenerato in capo alla ricorrente
dall’approvazione prefettizia della tariffa per il servizio di tele-radio
allarme, questa comunque non potrebbe più ottenere un
punteggio più alto del suo, né modificare il giudizio negativo per il servizio
di pronto intervento. In realtà, se in entrambi i casi il Collegio accogliesse
le doglianze della ricorrente, il seggio di gara sarebbe
obbligato, in sede di riemanazione, a formulare ex novo il punteggio spettantele su
tali voci dell’offerta e, su quella base, formare una nuova graduatoria.
Pertanto, ai fini del superamento, o meno, da parte della ricorrente,
della c.d. “prova di resistenza”, non è possibile allo stato, pur se minimo è
lo stacco in graduatoria tra la controinteressata e la ricorrente stessa,
formulare un giudizio prognostico sulla quantità
di punti che la Commissione potrebbe attribuire a quest’ultima, onde il
mantenimento del secondo posto non è ineluttabile per essa.
4. – Passando al merito della controversia, il
ricorso in epigrafe, pur se ammissibile, non ha pregio alcuno e va rigettato,
per le considerazioni di cui appresso.
5. – In ordine al
primo mezzo di gravame, è smentita dalla stessa lex specialis di gara l’insussistenza
d’una specifica clausola d’esclusione, giacché questa adoperata in
concreto dal seggio di gara per il suo giudizio negativo sulla tariffa
macroscopicamente difforme da quella di
legalità e per l’omessa indicazione del tempo di pronto
intervento, è invece racchiusa nella lettera d’invito in data 1° ottobre 2003,
laddove sono «… dichiarate
inammissibili le offerte con documentazione incompleta o irregolare,
anche in caso di offerte sostitutive o aggiuntive di quelle perevenute in tempo
utile…».
Per ciò che attiene, poi, al secondo motivo
d’impugnazione, rettamente il seggio di gara ha reputato non valutabile
l’offerta attorea, nella parte in cui essa indica pari a zero il tempo massimo
di pronto intervento nei casi d’emergenza.
Ora, non può il Collegio escludere a
priori che, in tal modo, la ricorrente abbia voluto
esprimere un’ iperbole, ossia l’enfatica immediatezza della reazione di fronte
all’emergenza, in relazione alla presenza costante
d’un presidio fisso nell’edificio da vigilare e alla prontezza
dell’intervento d’una pattuglia ubicata in località vicina. Sennonché l’enfasi
di tale descrizione è, ai fini della regolarità dell’offerta, del tutto
inconcludente, perché non è descrittiva,
né connotante del tempo effettivo, computato in ore, minuti primi e minuti
secondi, di siffatta reazione, «pari a zero» essendo sinonimo di tempo nullo e
non d’un lasso di tempo brevissimo. Da ciò discende l’inidoneità d’un siffatto
dato a manifestare al seggio di gara la reale consistenza e, in ultima analisi,
la stessa serietà del modo di gestire il
servizio offerto, giacché così gli impedisce di stimare l'esistenza di un
qualsivoglia intervallo tra emergenza e reazione.
In ogni caso, v’è un equivoco di fondo nella
formulazione dell’offerta in questa parte, ossia la presenza del
presidio fisso in loco con GPG,
quale strumento reattivo di per sé ed indipendente dal sopraggiungere di
pattuglie esterne. Il pronto intervento consiste
non già nell’attività prestata dalla GPG stessa, bensì in quella espletata da
rinforzi esterni, cioè dalla pattuglia che, all’occorrenza e nel minor tempo
possibile, deve intervenire in
ausilio di colui che effettua la vigilanza fissa, che costituisce
obbligo negoziale a sé stante.
Parimenti da rigettare è il terzo motivo,
concernente la pretesa legittimità della tariffa esposta dalla ricorrente per
il servizio di tele-radio allarme, rivelatosi di gran lunga inferiore a quelle
di legalità, a suo tempo approvate dal Prefetto per gli istituti di vigilanza
nella provincia di Roma. Al riguardo, non risulta impugnata la citata nota
dell’UTG n. 2097/2003, di talché non è
revocabile in dubbio né l’effettivo ammontare della
tariffa di legalità su detto servizio, né tampoco che questo ne indica un
importo solo mensile e non , come ha
equivocato la ricorrente, annuale. Ciò posto, la tariffa de qua è inderogabile, formando parte
integrante dell’autorizzazione
di polizia nei riguardi dell’istituto di vigilanza e costituendo la risultante
ponderata dei costi gravanti su questo a titolo di minimi salariali, oneri previdenziali ed
assicurativi, tributi, ecc. Sarebbe
stato, quindi, onere d’ordinaria diligenza della
ricorrente, ineludibile per chi,
come essa, è un operatore dello specifico settore, attenersi scrupolosamente alle
tariffe stesse, nell’ovvio limite dell’oscillazione tollerata dai decreti che l’hanno prevista e senza far
ulteriori frazioni, a nulla rilevando l’omessa indicazione del suo
carattere mensile. Non esclude il Collegio che la ricorrente
possa, in un primo tempo, aver equivocato sulla consistenza
di detta tariffa, ma l’ammontare
esposto nella sua offerta, in misura così ictu oculi e
X. –Il ricorso in epigrafe va
perciò accolto nei termini testé evidenziati, ma la novità della questione e
giusti motivi suggeriscono l’integrale compensazione, tra
tutte le parti, dell e spese del presente giudizioLe spese del
presente giudizio, .
sussistendone
giusti motivi, possono essere integralmente
compensati tra tutte le parti.
il Tribunale amministrativo regionale del Lazio,
sede di Roma, sez. 3°-ter, accoglie il ricorso n. 8232/2003 in epigrafe e per
l’effetto annulla, per quanto di ragione e nei soli sensi di cui in
motivazione, il bando di gara impugnato e meglio indicato in premessa, con
salvezza degli ulteriori atti in sede di riemanazione.
Spese compensate.
Ordina all’Autorità
amministrativa d’eseguire la presente sentenza.
il Tribunale
amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sez. 3°-ter, respinge il
ricorso n. 572/2004 in epigrafe.
Condanna la Società ricorrente al pagamento, a
favore delle parti intimate e resistenti ed in misura
uguale tra loro, delle spese del presente giudizio,
complessivamente liquidate in € 2000 (Euro duemila), oltre IVA
e CPA come per legge.
Ordina all’Autorità amministrativa d’eseguire la
presente sentenza.
Così
deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 12 febbraio 2004.
Francesco CORSARO,
PRESIDENTE
Silvestro Maria RUSSO, ESTENSORE